Spacciatori di letteratura
Non ho potuto partecipare all’edizione 2013 di If book then. Per due motivi. Ero al lavoro questa mattina, ma soprattutto non avevo a budget la cifra compresa tra i 210 e i 350 euro necessaria a registrarsi.
Due blogger-scrittori-intellettuali che fanno parte di quelle persone conosciute attraverso twitter a cui ogni tanto viene da riferirmi come “amici”, hanno commentato l’evento.
Effe ha scritto sul sul blog:
Cosa fanno allora gli scrittori? Perché non li vedo mai alle conferenze, ai convegni? Perché non partecipano a un dibattito che riguarda drammaticamente da vicino le condizioni di possibilità del loro lavoro?
Ci sono eccezioni, certo. C’è chi, tra un affanno e un altro, fa esperimenti, come i Wu Ming. Ma loro non fanno testo, sono vent’anni che frequentano la Rete e le tecnologie digitali, e quindi non possono essere rappresentanti di categoria. Ci sono gli scrittori e i critici che gravitano intorno ai più datati blog letterari: Nazione Indiana, Il Primo Amore, Lipperatura, Vibrisse. C’è qualcuno che gravita nella galassia TQ. Ma sono sempre gli stessi, e l’impressione è che si parlino addosso, sempre più spaventati da trasformazioni che non sono in grado di comprendere e men che mai di governare o per lo meno d’influenzare.
Arturo Robertazzi replica, allarga il ragionamento (pur precisando che non tutti gli scrittori sono così diffidenti):
Anche quelli giovani. Non è questione di età. L’impressione che ho è che lo scrittore sia schizzinoso rispetto alle “nuove tecnologie”, diffidente verso i blog e i social media. Perché lo scrittore è uno che soffre e deve isolarsi dal mondo, nella sua torre d’avorio di creatività.
Ricordo la ricerca curata da Noemi Cuffia, Tazzina-di-Caffè, per il nostro la Lettura Digitale e il Web. Ebbene, Noemi intervistò (per quel libro, uscito nel 2011) una serie di scrittori a proposito dell’uso degli eReader e della lettura digitale. Il risultato, inutile a dirlo, fu un disastro: scarso interesse all’argomento.
Intervengo anche io, in maniera disorganizzata, più che altro perché almeno qui resti una traccia:
- Un convegno per cui bisogna pagare quasi 300 euro per partecipare non credo che possa essere preso come parametro per ragionare sulla partecipazione degli scrittori e delle scrittrici al dibattito sullo stato del sistema editoriale
- Gli scrittori sono cittadini italiani, i cittadini italiani si connettono poco a internet, anche se noi altri che abbiamo capito che internet è un mezzo e non un fine facciamo fatica a rendercene conto
- La letteratura e la lettura devono essere portate in luoghi “altri”. Il vero fine delle riflessioni sul mercato editoriale deve essere il tentativo di rispondere alla domanda “come faccio a avvicinare nuove persone alla lettura?”.A Londra ho notato che molte più persone leggono in metropolitana rispetto che a Milano. Per incentivare questo passatempo l’Atm (Azienda Trasporti Municipali) potrebbe fare un accordo con gli editori milanesi: regalare un libro a ogni abbonato.
- Si è scatenato l’attacco contro Newton Compton, colpevole ancora una volta di aver sparigliato le carte con i Live, gli ebook a 0.99 centesimi. E di aver venduto 380.000 copie in una settimana. Non varrebbe forse la pena analizzare la strategia di Newton Compton? E capire perché con loro funziona e con altri no? Non ho la risposta. Ma è importante farsi la domanda.Si potrebbe fare l’esperimento di far pagare la produzione e le persone che lavorano alla filiera editoriale a degli sponsor. Nel mondo del teatro si stanno facendo alcuni esperimenti. Il Teatro No’hma di Milano per esempio chiede agli sponsor di pagare le produzioni, gli spettatori vanno a teatro gratis. Perché non tentare di mutuare il meccanismo per la letteratura?
- Marta Traverso sul suo blog ha analizzato il gioco letterario nato su twitter in cui si “smembra” Pavese. Per molti può essere offensivo ridurre un autore di tale levatura a 140 caratteri, ma forse vale la pena pensare a quante persone si avvicinano alla Luna e i falò incuriositi da un hashtag.
E poi forse bisogna smetterla di prendersi troppo sul serio, come scriveva Jean D’Ormesson, in un inedito ripubblicato recentemente su Satisfiction con il titolo Consigli a un giovane scrittore: “Hai il dovere di prenderti gioco della letteratura. E delle letterature, il dovere”.
I blogger che ho citato in questo post, Effe, Arturo Robertazzi, Marta Traverso, li ho conosciuti nel 2011, quando organizzarono e parteciparono al convegno #librinnovando. A loro dico che forse è arrivato il momento di organizzare un nuovo incontro, con due panel: #Scrivinnovando (che proprio Marta ha coniato su twitter) e #Legginnovando. Un luogo altro dove far incontrare chi legge, chi scrive e…chi non legge e non scrive.
Naturalmente prendete le affermazioni seguenti con le pinze. Davvero è necessario per uno scrittore usare l’e-reader o leggere in digitale? Lo dico perché Boccaccio, ad esempio, è stato un grande, anche se usava “solo” la carta. Io non dico che lo scrittore soffra, neppure che debba isolarsi e stare nella sua torre d’avorio, però uno alla fine scrive e legge un po’ come e con cosa gli pare. Che ne dite? Quando sono stata alla presentazione di questo libro http://javiermariasblog.wordpress.com/2012/12/22/entrevistas-y-criticas-italianas/ di uno dei miei scrittori preferiti viventi, beh ho appreso che lui scrive – non l’avrei mai detto,o sarà una posa? – con la macchina da scrivere e una bella pila di fogli bianchi affianco. E quindi? Quando guardo alla mia scrivania, senza volerla paragonare in alcun modo alla sua, francamente penso: “beato lui!”.
D’accordissimo con te, infatti il nio ragionamento prescinde dal supporto. Diciamo che il mio problema è l’azione. Leggere o scrivere che sia 🙂